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APPROFONDIMENTI

PSICOSOMATICA

PSICOTERAPIA E FARMACOTERAPIA: E' POSSIBILE UN DIALOGO?

Per la maggior parte dei disturbi psichici diffusi oggi tra la
popolazione - disturbi d'ansia, depressivi, somatizzazioni, eccS - si
usa dire che l'approccio terapeutico ideale consiste in un approccio
integrato. Cosa intendiamo con questo termine? "Integrato" e'
l'opposto di "disgiunto, disunito, separato": significa che si
ritiene oggi che la maggior parte dei disturbi psichici (soprattutto
se comportano una certa gravita' e giungono pertanto alla vista dello
specialista) si giovano di strategie terapeutiche globali, che
includano cioe' trattamenti biologici e trattamenti psicologici.
Fanno parte dei primi soprattutto i trattamenti farmacologici
(essendo oggi assai ridotto il ricorso ad altre terapie somatiche,
quali l'elettroshock), e rientra nei secondi tutto l'ampio spettro
delle psicoterapie. Senza addentrarci nell'intricato groviglio dei
tipi di psicoterapie, diciamo soltanto che esse si distinguono almeno
in due grosse tipologie a seconda delle basi teoriche: quelle di
"insight" (come la psicoanalisi, le psicoterapie psicoanalitiche, la
psicologia analitica), e quelle di "cambiamento" (come la
relazionale, cognitivista e comportamentale). Il primo tipo mira a
modificare il soggetto "dall'interno", portando alla consapevolezza
(in-sight: guardarsi dentro) i meccanismi inconsci, mentre il secondo
tipo conferisce maggiore importanza alla risoluzione del sintomo e
all'apprendimento conscio di nuovi patterns cognitivi.
Bisogna pero' aggiungere che, accanto a fattori specifici che
distinguono una psicoterapia dall'altra, esistono e sono oggetto di
studio fattori cosiddetti aspecifici che sono comuni a tutte le
psicoterapie e che risultano, di per se', terapeutici ( ad es.
l'ascolto da parte del terapeuta, le modalita' e il luogo in cui si
svolge l'incontro, eccS).
Questa premessa per fare un po' d'ordine nel confuso mondo delle
psicoterapie. Quando parliamo di trattamento integrato dovremmo, per
essere precisi, considerare quale tipo di psicoterapia andra' appunto
ad integrarsi con i farmaci. Non e' la stessa cosa, infatti,
combinare una psicoanalisi o una terapia cognitiva con gli
psicofarmaci: questi sono finalizzati alla scomparsa del sintomo, ed
in psicoanalisi il sintomo puo' essere considerato un segnale o una
formazione di compromesso che e' utile indagare prima di sopprimere
(uno stato ansioso o una fobia, per esempio, possono essere la spia
di un conflitto inconscio che si denuncia proprio attraverso il
sintomo, e che oltre certi limiti sarebbe antianalitico andare a
toccare). Questo e' solo un esempio per sottolineare quanto sia in
realta' delicata e complessa non solo la tematica del nostro
argomento - e' possibile un dialogo tra psicoterapia e farmaci - ma
anche dovremo chiederci: quale psicoterapia?
Diciamo che oggi gli stessi psicoanalisti, nella pratica clinica,
non sono piu' cosi' rigorosi e pertanto possiamo trovare associato il
loro trattamento con gli psicofarmaci, anche se il problema teorico
resta; per tutte le altre forme di psicoterapia, invece, non si pone
questo nodo poiche', in questi casi, psicoterapia e farmaci hanno il
comune intento di debellare il sintomo.
Vediamo cosi' che, sempre nella pratica clinica, con frequenza e
facilita' troviamo trattamenti associati di psicoterapia cognitiva e
farmacoterapia, ad esempio, come avviene per i disturbi d'ansia e
depressivi. Il sintomo, in questi casi, non ha valore comunicativo di
aspetti inconsci e la sua azione e' solo disturbante nella vita di
una persona: si produce cosi' un effetto cumulativo e combinato dei
due trattamenti per sconfiggere o attenuare la patologia.
Un altro aspetto importante del trattamento integrato e' che la
psicoterapia puo' aiutare una persona affetta da un qualche disturbo
a coadiuvare l'azione dei farmaci, ad esempio aumentando il controllo
e la conoscenza degli effetti indesiderati che spesso il farmaco
comporta, sostenendo e rinforzando aree della personalita' che
possono essere momentaneamente inibite dall'azione del farmaco (la
libido, ad esempio), e fornendo comunque ad una persona quell'aiuto
umano fatto di scambio e reciprocita' che abbiamo detto essere,
seppur aspecifico, elemento determinante in ogni guarigione.
Affidarsi solo al farmaco, infatti, puo' contenere alla lunga qualche
pericolo: eccessive aspettative sul farmaco stesso; perdita della
speranza di venire aiutati e compresi da qualcuno; potenziale abuso;
delega della responsabilita' all'intervento magico della pillola;
insorgenza di fenomeni di tolleranza; e cosi' via.
Si ritiene d'altro canto che, per certi disturbi, la sola
psicoterapia non sia sufficientemente incisiva - ad es. le
depressioni, soprattutto gravi -, o che possa condurre ad una
dipendenza dal terapeuta, o che comunque comporti tempi e costi
difficilmente sostenibili per molte persone (questa e' oggi una
motivazione sociologica molto frequente).
Il trattamento integrato offre anche la possibilita', quando a
gestire la psicoterapia sia persona diversa da quella che prescrive i
farmaci, di un investimento diciamo "su due fronti" per il paziente,
che puo' veicolare le sue aspettative su soggetti diversi ed
aumentare lo spettro dei propri investimenti. Esistono, a questo
riguardo, pareri discordi (alcuni sostengono quanto da me descritto,
altri ritengono invece che cio' provoca confusione e scissione nel
paziente). Il discorso e' pertanto aperto.
La psicoterapia, d'altro canto, favorendo un rapporto di maggiore
fiducia e intimita' col terapeuta, puo' ridurre gli acting-out
negativi verso il farmaco, puo' aumentarne la tolleranza, secondo
alcuni puo' renderlo persino piu' efficace (chiamiamo tutto cio', con
un apparente paradosso "uso psicoterapico del farmaco").
Il punto della questione resta uno solo, ed e' la sostanziale
unita' tra psiche e soma. La medicina occidentale, e la cultura
occidentale in genere, ha diviso e scisso quello che in molte
medicine orientali o cosiddette 'alternative' era risaputo costituire
un tutto unitario e interdipendente: la mente governa il corpo ma la
mente si configura anatomicamente con il cervello, che a sua volta
riceve stimoli e imput dal corpo. Le malattie psicosomatiche
insegnano quanto sia stretto ed imprescindibile questo legame
mente-corpo, questa influenza reciproca che inizia dopo la nascita,
se non prima, e dura per tutta la vita. E' del tutto ragionevole,
pertanto, che i moderni trattamenti dei disturbi psichici comprendano
sia la mente che il corpo, sia il biologico che lo spirituale, quello
che le filosofie e le religioni chiamano anima e che noi chiamiamo
mente o psiche. Si puo' dire che in una visione olistica delle
patologie umane, tutto andrebbe affrontato con trattamenti integrati.
Resta da definire quali disturbi piu' di altri si giovano in
particolare di un trattamento combinato psicoterapia e farmaci.
Possiamo comprendere tutti i disturbi d'ansia (quali attacchi di
panico e ansia generalizzata), i disturbi depressivi sia unipolari
che bipolari (depressione alternata a mania), i disturbi
psicosomatici, oggi detti somatoformi (quale il dolore psicogeno, le
isterie da conversione, i disturbi da somatizzaione). Anche i
disturbi psichiatrici gravi, come la schizofrenia, vengono
attualmente trattati con modalita' pluridisciplinari che comprendono
la terapia psicofarmacologica ed il sostegno socio-ambientale
(terapia di comunita', centri diurni, S.).
Meno indicata sembra essere la farmacoterapia nei disturbi di
personalita', laddove e' il carattere stesso a costituire un sintomo
ed una patologia, e la persona soffre non di sintomi specifici ma di
una generale sofferenza nelle relazioni umane e nell'espressione di
una vita piena (come il carattere narcisistico o borderline, e cosi'
via). I farmaci possono qui risultare utili in alcuni momenti critici
o in talune fasi, ma non costituiscono il trattamento di elezione.
Analoghe perplessita' esistono, soprattutto nel nostro Paese,
riguardo alla farmacoterapia in eta' evolutiva, ossia per bambini e
adolescenti. La maggior parte degli esperti ritiene che per la
particolare flessibilita' che i meccanismi mentali hanno in questa
eta' e per l'elevata influenza dei fattori affettivi familiari ed
ambientali in genere, trattare i giovanissimi con farmaci li induca a
non affrontare i problemi e non consenta l'adeguato sviluppo delle
strutture cognitive ed affettivo-relazionali.
Concludendo, possiamo rispondere al nostro quesito "e' possibile
un dialogo?" in maniera del tutto affermativa. Non solo e' possibile
ma e' auspicabile, fatte salve le poche riserve sopra esposte. Da un
punto di vista non solo clinico e medico ma culturale, la
riappropriazione di un sapere medico scientifico e psicologico che
non tenda a separare ma ad unire, mi pare un passo avanti di sicura
qualita'. E' opportuno non essere dogmatici, e osservare ciascun
paziente con lo sguardo aperto e curioso di un pionere: quello che e'
indicato per uno, non e' detto che lo sia per un altro,
apparentemente cosi' simile. Ciascuno e' portatore di una
soggettivita' che non si risolve nelle tabelle diagnostiche, almeno
in psichiatria, e che va affrontata e capita quanto piu' estesamente
possibile.
Lo stesso Freud, che scopri' la psicoanalisi quale metodo di cura,
non smise mai di pensare lungo tutta la sua vita che prima o poi
quelle che erano state le sue scoperte sui meccanismi psichici
avrebbero trovato il loro corrispettivo organico.

dott.ssa Rossella Valdre', psichiatra e psicoterapeuta

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